MORTE AL LOVE PARADE

Duisburg, fra le vittime una ragazza italiana

International Post, 2-8 agosto 2010

Duisburg: strage alla "Love Parade 2010" e fra le vittime una ragazza italiana  

di Pasquale Ragone

«Duecentotrentamila metri quadrati per, diciamo, 460mila persone fa mezzo metro a testa. Se per qualche ragione si scatena il panico, ci saranno morti, e non pochi». Qualcuno dei manifestanti l’aveva predetto; per gli organizzatori non si trattava invece di un risultato scontato. Doveva essere un Festival dedicato all’amore e invece la Love Parade, tenutasi a Duisburg sabato 24 luglio, si è trasformata rapidamente in tragedia. Il bilancio delle vittime è simile al resoconto di una battaglia: 20 morti, oltre 510 feriti e 1000 persone ancora non rintracciate. A perdere la vita sono stati un olandese, due spagnoli, una cinese, un’australiana, 14 tedeschi e un’italiana, Giulia Minola, 21 anni, studentessa di Brescia. A causare la tragedia è stata l’inadeguatezza del luogo scelto per ospitare il Festival: un tunnel che già nel pomeriggio precedente l’inizio della manifestazione aveva visto il traffico ferroviario, posto al di sopra di esso, essere interrotto per l’ingente numero di persone richiamate dall’evento.

Ma andiamo per gradi. Alle ore 14, gli organizzatori danno appuntamento ai partecipanti per l’inizio della manifestazione sotto il tunnel Karl-Lehr-Strasse che separa la parte superiore, in cui è posta una ferrovia, dalla parte inferiore, ovvero la strada principale di Duisburg. Considerando la fama della manifestazione, nata nel 1989 come simbolo di unità dopo la caduta del muro di Berlino, circa un milione di persone erano attese nella piccola cittadina tedesca, con 1200 poliziotti addetti al controllo. E’ questo il primo punto da cui non si può prescindere. Il tunnel utilizzato per il raduno aveva una sola entrata e intorno era recintato a tal punto da rendere impossibile qualsiasi via di fuga, compreso dai sottopassaggi sotto il tunnel stesso che, se fossero stati liberi, avrebbero potuto svolgere la funzione di vie d’uscita. Ma il problema è a monte: il tunnel non poteva ospitare più di un milione di persone; esso è infatti lungo 200 metri e largo 20. Per intenderci, è come se in Italia si fosse organizzata una manifestazione per oltre un milione di persone in uno spazio lungo il doppio rispetto al campo di gioco di S.Siro, a Milano, ma quasi quattro volte più stretto.

L’inadeguatezza della zona scelta per il Festival è il presupposto ideale per scatenare la tragedia: alle 17, il panico di alcuni partecipanti è la scintilla che dà origine alla disgrazia. Come in un domino, mano a mano tutta la folla cede al panico fuggendo verso l’unica via d’uscita prevista dagli organizzatori e arrampicandosi su alcune strutture e impalcature che però non reggono al peso crollando sulla folla e aumentando il terrore nei manifestanti. Nella ressa, sono in 20 a morire. Una delle testimoni che ha toccato con mano la tragedia è l’italiana Irina Di Vincenzo, presente al Festival con l’amica Giulia Minola: “È successo tutto in un minuto. C'era talmente tanto casino...un inferno. È stato un momento di panico collettivo, non si poteva andare né avanti né indietro. Chi era dietro spingeva e davanti la strada era bloccata. Poi la situazione è degenerata quando io e Giulia eravamo tra il secondo e il terzo tunnel. C'erano delle scale che salivano sul tunnel e che servivano da sfogo, ma la polizia le ha chiuse”.

A chi appartengono le responsabilità di quanto accaduto? La Procura di Duisburg ha ufficialmente aperto un’inchiesta per omicidio colposo. Per ora, in Germania è il momento delle accuse reciproche: il presidente del sindacato nazionale di polizia, Rainer Wendt, ha ritenuto responsabili le autorità di Duisburg per aver organizzato la manifestazione in una città dalle dimensioni inadeguate a un evento del genere; la stampa tedesca critica l’operato della polizia sia per aver sbagliato le stime dell’affluenza, sia per aver schierato solo 1200 poliziotti a fronte di oltre un milione di manifestanti. Sarà tuttavia l’inchiesta aperta a decretare le responsabilità effettive.

Pochi giorni dopo la tragedia non sono soltanto le critiche a dominare ma anche l’amarezza per di una tragedia evitabile. Gli organizzatori della Love Parade hanno fatto sapere che quella del 2010 è stata l’ultima delle edizioni dedicate all’evento. Non si ripeterà più. E’ tuttavia legittimo chiedersi se non sia il caso di riflettere individuando la causa della tragedia nella mancanza di norme precise nell’organizzazione di tali eventi. Non sarebbe il caso di non delegare più al buon senso del singolo organizzatore, sindaco o autorità che sia, l’onere di scegliere i criteri di una manifestazione, lasciando invece che siano un insieme di norme a prevalere? Più che cancellare eventi, forse decisione migliore sarebbe di quella di sedersi a un tavolo internazionale e creare regole condivise da applicare in ogni paese e per ogni manifestazione, così da evitare che anche una semplice festa dell’amore diventi occasione di lutto.